Serge Quadruppani

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Garbatella e Belleville, la bellezza è già nel nome.

traduction de Maruzza Loria

jeudi 12 janvier 2006, par Serge Quadruppani


Garbatella e Belleville, la bellezza è già nel nome.

Ecco due quartieri che con il loro stesso appellativo, evocano la bellezza nel nome stesso. Belleville - bella città :non è troppo difficile indovinare come questo angolo a Nord-Est di Parigi abbia meritato il suo nome, ai tempi in cui era un sobborgo campestre della capitale. Sulle sue alture che permettono di contemplare Parigi meglio che da Montmartre, alcuni nomi di strade : rue des Rigoles, rue des Cascades, rue de la Mare, - via dei ruscelli, via delle cascate, via dello stagno - des « regards », modeste edicole che risalgono al Rinascimento e ospitano l’accesso ad antichissime canalizzazioni, tutto ci parla di una zona ben irrigata. Nel medio evo, delle comunità religiose che vi viveveno alimentavano Parigi d’acqua, a pagamento. Nel XIX secolo, vi si coltivava un vigneto che oggi si tenta di ricostituire in cima alla rue des Envierges. Sotto le pergole si costruivano delle guinguettes - delle balere - , dove una popolazione molto mista, pari d’Inghilterra alla ricerca di emozioni, famiglie piccolo borghesi e « apaches », venivano a fare bisboccia. La discesa della Courtille (altro nome di Belleville), corteo rituale che vedeva, in periodo di Carnevale, le « grisettes » (le sartine) mescolarsi a studenti e artisti, seminava regolarmente lo sconforto tra i borghesi dei Grands Boulevards. Si vede che la bellezza di Belleville è sempre stata condita di trasgressione : ai tempi della Comune di Parigi, la barricata della rue Ramponneau fu l’ultima a cadere.

La bellezza nel nome della Garbatella è d’origine più discussa. Una tradizione la fa risalire alla « generosa » bellezza della proprietaria di una Osteria della zona. Un’altra leggenda parla di una bella giovane ritrovata morta sulle rive di un ruscello che scorreva là, e che avrebbe dato il suo nome alla zona . In ogni caso ; si puo’ dunque dire che i due quartieri hanno in comune un sedimento immaginario fatto di emozioni estetiche e di passioni torbide. E’ senza dubbio la spezia che rende così affascinanti le passeggiate nelle corti di queste case costruite dai vari Aschieri, Cancelotti, Sabbatini e altri famosi architetti romani : vi si sente ancora il profumo della vita popolare non ancora del tutto normalizzata dalla televisione. E’ quello che rende anche così piacevole, a Belleville, le passeggiate nelle « villas », come si chiamano i quartieri di casette e giardinetti a Parigi : villa de l’Adour, villa des Fêtes ou villa du Palais-Royal de Belleville. Dopo aver traversato dei cortiletti grigiastri o un portone anonimo, ci si ritrova in un villaggio fiorito di rose dove hanno vissuto, amato e lottato degli operai, degli artigiani, degli artisti e tanti ebrei morti nei campi di sterminio... Oggi, gli italiani che affollano Belleville per ripercorrere le tracee di Pennac, rischiano di andarsene via delusi : molti degli angoli più affascinanti del quartiere sono stati privatizzati e l’accesso è vietato ai non residenti dal digicode - il codice digitale - , la più brutta invenzione parigina . Non avranno mancato, però, di notarne il carattere cosmopolita, e di trarne un gran piacere, a condizione di non condividere la visione del mondo delle giovani teste vuote e rasate che tentano a volte delle incursioni nei mercati di Belleville, facendosi regolarmente cacciare dai militanti antifascisti con la simpatia della popolazione locale.

Che mi sia concesso di vedere in questo la superiorità di Belleville sulla Garbatella : in un quartiere dove i profumi di Hong-Kong e quelli del Maghreb coabitano, dove si ascolta del raï nei caffè kabyles frequentati dai Piccardi, dove dei Normanni mangiano la « kemia » nei bar degli ebrei tunisini, dove i Marsigliesi incrociano le interminabili limousines bianche dei matrimoni cinesi, l’estrema destra non potrà mai installarvi una propria sede sociale. Ma bisogna che io sottolinei subito dopo come gli edifici costruiti negli anni 20 e 30 intorno a Piazza Brin fossero infinitamente più vivibili di quelli costruiti a Belleville , sotto un regime certamente democratico ma profondamente inegualitario, dai cattivi architetti degli anni 50 : gli orrori urbanistici che si vedono per esempio nella strada sciaguratamente chiamata rue des Amandiers - via dei mandorli - spiegherebbero, da soli che Belleville è uno dei rari quartieri di Parigi che può vantarsi di capire i problemi della periferia. Ma i quartieri sono quello che ne fanno i loro abitanti : dall’inizio degli anni 80, un’intensa vita associativa ha permesso di fermare la distruzione e l’avvilimento del XX arrondissement. E i notevoli sforzi dei maestri delle classi multicolori delle scuole di Belleville, che ho incontrato in occasione di alcuni laboratori di scrittura, possono ben gemellarsi a quelli degli insegnanti della Garbatella che hanno scritto una bella lettera aperta a Oriana Fallaci, contro la « cultura della morte », per la pace e la convivenza tra i popoli.

Traduzione di Maruzza Loria


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